Già a scrivere il titolo mi viene spontaneo aggiungerci un punto di domanda alla fine. Perché siamo così sicuri che lavorare da casa sia una scelta smart?
Prendiamo ad esempio chi si occupa di scrittura professionale, chi scrive normalmente da casa – scrivania o divano che sia – a cui questa volta la scelta di non recarsi in nessun ufficio venga imposta. E non sto a spiegarvi ora perché, tanto lo sapete tutti. E prendiamo ad esempio questo scrittore, editor, copywriter costretto a casa che ora non sia più solo, serenamente e miracolosamente in solitudine. Ma circondato di marito intensamente occupato e figli che reclamano attenzioni perenni.
Era smart, il mio lavoro, prima dell’inizio della quarantena. Era bellissimo, rinchiudersi in casa – la mia torre d’avorio – nel silenzio ritmato dai richiami del merlo sull’antenna sopra di me alla sua fidanzata. Ormai conosco la sua canzone a memoria. Chissà se l’ha trovata poi, questa fidanzata. Ma io scrivevo, mi ingegnavo, ricercavo, mi divertivo con le parole. Mi sentivo molto smart ed ero worker, quindi tutto questo funzionava a meraviglia.
Ora le cose sono diverse. Gli impegni familiari sono entrati come prioritari nella giornata, i figli non più distratti e occupati dalla scuola devono essere distratti e occupati dalle attività che io scandisco. E gli spazi per i silenzi si riducono drasticamente. Per non parlare dei tempi del lavoro.
Ero smart, prima della quarantena, meravigliosamente smart. Ora sono in corsa perenne con le scadenze, con le ore da recuperare la sera, con preventivi stilati mentre rifilo il tablet tanto odiato e tanto amato, telefonate con sottofondi di urla e richiami. Ma mi consolo, anche la signora del customer care Visa mi ha risposto con una bambina che le parlava serenamente in sottofondo.
Mi sono sentita meno sola e un po’ più smart, scappando in terrazza e nascondendomi dietro il vaso dell’acero per rispondere all’ennesima telefonata.